
Pagine di vecchie riviste ammuffite e libri fuori edizione ormai smembrati si affastellano lungo i canali di gronda e poi, casualmente, fluiscono pigri dentro le gargolle che sussurrano quello che espellono. Di solito lo fanno di domenica, il giorno delle pulizie. «La Domenica della Gargolla» è una rubrica dedicata a fatti strani.
Di uomini dalla faccia villosa è piena la storia dei viaggi e delle avventure di terra e di mare, solo per citarne alcuni: da Marco Polo che nel celebre Il Milione popolò l’isola d’Angaman di uomini che «ànno lo capo come di cane e denti e naso come di grandi mastini […] sono mala gente e mangiano tutti gli uomini possono pigliare» a Buffon che scrisse di un suo conterraneo con la fronte e il viso coperti pelo nero – in un supplemento alla sua Storia naturale – fino allo stupefacente Isolario Arabo Medievale (Adelphi) di Angelo Arioli che colloca nell’Isola del Castello queste genti dalle teste di cane coi canini sporgenti.
Assai più modestamente, per questa storia, ci spostiamo in Europa. Fine del XIX secolo, l’Accademia Francese si trova a studiare uno dei casi cosiddetti mostruosi. «Non ha né capelli, né barba, né mustacchi e tutta la faccia, il cranio e la parte posteriore del collo di questo strano individuo dispare sotto il folto pelo che gli ricopre il fronte, il naso e le gote, e che raggiunge la lunghezza del pelo del cane inglese, a cui egli somiglia nell’aspetto e nella disposizione delle ciocche, le quali al tatto producono la stessa sensazione che si prova carezzando un cane di Terranova».
Il soggetto appena descritto si chiama Andriano Jeftcieff, 52 anni, nato in Russia a Kostroma, nei dintorni di Mosca. Gli esperti lo definiscono un caso teratologico «poco grave, il quale non ha altro ostacolo al compimento delle funzioni vitali, che un ritardo momentaneo nella triturazione degli alimenti, causato dalla conformazione eccezionale della bocca».
Il caso è, come si dice, ereditario. Con lui, infatti, si trova un ragazzino di circa dieci anni, che già nel viso porta i tratti di un’incipiente peluria che tra qualche anno l’avrebbe reso un degno esemplare della famiglia di suo padre. Su Fedor, così si chiamava il figlio, «abbiamo designato e studiato con la maggiore cura su questo visino intelligente, dall’occhio bruno e vivace, contornato da ciglia nere, l’imbiancamento, per così dire, bizzarro di qui’ peli, che hanno la finezza e la bianchezza del gatto d’Angora».
Gli studiosi s’interrogano e azzardano l’ipotesi più rivoluzionaria: la reversione. L’ereditarietà, in altri termini, avrebbe potuto condurre, dopo diverse generazioni, a un ritorno della discendenza dell’Uomo-cane «al tipo della specie primitiva, in conseguenza di generazioni ed incrociamenti più o meno numerosi». Tuttavia, senza poi sbilanciarsi troppo, «accontentiamoci dunque per ora, poiché ignoriamo chi fossero gli ascendenti di quelle due facce villose, a constatare più seriamente che ci sarà possibile in caso di eredità diretta che abbiamo sotto gli occhi, affine di seguirlo all’occasione nella sua discendenza».
Tratto da Il Giornale Illustrato dei Viaggi e delle avventure di terra e di mare, numeri 244 e 245, 1901, Sonzogno.