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I tre enigmi dei labirinti

Pavol Lowy, Enrico Accorso e Flor Brunnie sono i nomi di tre fra gli studiosi più profondi ed enigmatici del ventesimo secolo. A rendere poco noti questi nomi, tanto al grande pubblico quanto all’interno dei circoli accademici più affermati, è il particolare oggetto delle loro ricerche. Pavol Lowy, Enrico Accorso e Flor Brunnie avrebbero potuto seguire brillanti carriere rispettivamente nella metafisica, nella storia antica e nella matematica, ma ci rinunciarono, non è chiaro quanto consapevolmente, per dedicare gran parte del proprio tempo alla risoluzione di un enigma che forse essi stessi avevano contribuito a creare, in quanto enigma privo di domanda compiuta, indeterminato e probabilmente indeterminabile per natura, un oggetto che non aveva contorni precisi e soluzioni identificabili, in altre parole si dedicarono alla questione dei labirinti.

Larry Cooper è invece il nome del giornalista che nell’ultimo decennio ha voluto ricostruire le vicende che hanno riguardato questi studiosi, ancora in gran parte oscure, e gli scambi intercorsi fra loro. È lui che dobbiamo ringraziare per avere riportato alla luce i frammenti dei diari, le cronache dei giornali e le corrispondenze, nonché per aver cercato testimonianze indirette fra le persone che avevano conosciuto in vita i protagonisti di questo caso, o i resoconti ancora più approssimativi di coloro che potevano avere informazioni di terza mano.

Pavol Lowy, Enrico Accorso e Flor Brunnie s’incontrarono per la prima – e, a quanto risulta, unica – volta in Francia il primo ottobre 1938, all’interno della cattedrale Notre-Dame di Chartres. Pare anche che Pavol Lowy ed Enrico Accorso, pur non essendosi mai visti prima, avessero intrattenuto una breve e reciproca corrispondenza, di cui però non rimane testimonianza se non in alcuni riferimenti postumi. La ragione più probabile di questa corrispondenza si lega all’attività di Enrico Accorso presso la Missione Archeologica Italiana di Creta e alla pubblicazione di un paio di articoli che costui fece sulla rigorosa rivista «Archeological Reports». Pavol Lowy riconobbe subito in Enrico Accorso i tratti tipici di colui che è sottilmente affascinato dal mistero dei labirinti, e che si espone a commenti talvolta incauti, per quanto misurati, per dimostrare teorie che nutre nel profondo del proprio spirito ma che naturalmente non ha i mezzi per definire esplicitamente. Le tesi di Enrico Accorso vertevano intorno ad alcuni pezzi di intonaco ritrovati a Cnosso, due per la precisione, ai quali se ne poteva aggiungere un terzo molto rovinato; frammenti non più larghi di cinque o sei centimetri che sembravano riprodurre un complesso tracciato con bivi e curve ad angolo retto. Sembrava trattarsi dunque di un labirinto e, se così fosse, si sarebbe trattato del reperto più antico mai trovato raffigurante un labirinto multicursale, cioè un labirinto con ramificazioni, nonché l’unica immagine di questo tipo mai rinvenuta a Creta.

Pavol Lowy era un ebreo la cui famiglia risiedeva da generazioni a Praga. Dei tre protagonisti di questa vicenda è quello con il passato più incerto, l’unico a svolgere le proprie ricerche in maniera indipendente, al di fuori cioè dei circoli accademici ufficiali. I suoi rari scritti del periodo praghese – diffusi tramite corrispondenza privata ad altri studiosi ebrei in Europa e in America – lo identificano come un cabalista con inclinazioni verso l’ermetismo e la geometria, apprezzato pare, in questi circoli così intimi ed esclusivi, per la capacità di tessere lunghe argomentazioni nelle quali il discorso fluiva avanti e indietro fra numerosi temi, spesso piuttosto diversi gli uni dagli altri, e per l’abilità di identificare analogie stupefacenti fra situazioni molto lontane – ad esempio l’Esodo biblico, le teorie evoluzionistiche o l’orografia alpina – prima di chiudere il proprio pensiero con una serie di conclusioni tra loro alternative e inconciliabili eppure tutte supportate da un insieme convincente di indizi ed esempi. Pavol Lowy lasciò la Cecoslovacchia l’11 marzo 1938, lo stesso giorno in cui le truppe naziste invasero l’Austria. Il giorno prima due docenti dell’Università tedesca di Praga, nonché esponenti del Sudetendeutsche Partei (il partito filonazista che appoggiava la politica nazionalsocialista di espansione verso est), si erano presentati a casa sua, apparentemente per consultarsi sul significato di alcuni manoscritti rinvenuti in una grotta vicino a Gerico. Non si hanno informazioni certe sui luoghi visitati da Pavol Lowy nei mesi immediatamente successivi alla sua uscita, o fuga, dalla Cecoslovacchia. La lettera indirizzata a Enrico Accorso, nella quale gli chiedeva di incontrarsi a Chartres il primo di ottobre, fu probabilmente spedita a Candia (Creta) da Venezia. La data era stata scelta sapendo che, a fine settembre, la Società Archeologica Francese avrebbe organizzato un importante congresso con interventi degli studiosi più importanti della storia minoica e micenea.

Flor Brunnie, allieva di John von Neumann a Princeton (per un solo semestre), insegnava logica, teoria dei giochi e topologia all’Università San Marcos di Lima, la più antica università del continente americano. Alcuni suoi articoli, mai diffusi oltre i confini peruviani, sembrano anticipare di quasi un decennio i lavori del premio Nobel John Nash sull’equilibrio in strategie miste; alcune estensioni di questi studi trovano applicazione nella topologia. Per molto tempo cercò di dimostrare le condizioni per cui, all’interno di un edificio sufficientemente grande (dove «sufficiente» è definito in funzione del numero di stanze e dei passaggi esistenti fra di esse), due persone intenzionate a incontrarsi rischiano invece, seguendo una routine completamente razionale, di girare a vuoto inseguendosi ed evitandosi in modo perpetuo. Flor Brunnie non aveva mai sentito parlare di Pavol Lowy ed Enrico Accorso. Nel 1938 si trovava in Francia per risolvere alcune pratiche legali inerenti all’eredità che le spettava dopo la morte del padre, un ex commerciante di caucciù trasferitosi a Iquitos, nel cuore dell’Amazzonia peruviana. Si trattava in particolare della vendita di alcuni terreni agricoli nei pressi di Rennes, che Flor Brunnie voleva ultimare il più velocemente possibile, accettando anche il rischio di una loro svalutazione, pur di lasciare la Francia prima dello scoppio della Seconda Guerra mondiale che lei aveva previsto – secondo alcuni appunti lasciati a un collega della Sorbona su un foglio di carta in cui avvolgeva le baguette – per il marzo del 1939, mese che vide poi l’invasione della Cecoslovacchia ma non l’inizio ufficiale della Seconda Guerra mondiale.

Pavol Lowy, che era il più anziano, stava attendendo Enrico Accorso all’interno della cattedrale, quando rimase colpito dalla meticolosità, apparentemente distratta e disinteressata, con la quale Flor Brunnie percorreva il grande labirinto al centro del pavimento. Si trattava naturalmente di un labirinto unicursale; non vi erano bivi e non vi erano dunque enigmi topologici da svelare, tranne quelli che Flor Brunnie stava generando nella propria mente, per esempio ragionando sulle conseguenze di intervenire lungo il tracciato aprendo determinati passaggi e chiudendone altri. Fu così che, quando Enrico Accorso entrò nella cattedrale, Pavol Lowy e Flor Brunnie  erano presi da una conversazione così appassionata che Pavol per quasi un’ora non si accorse dell’uomo che lui stesso aveva invitato, e rischiò che l’archeologo italiano se ne andasse con l’idea che qualcosa fosse andato storto.

Decisero di rimanere alloggiati una sera presso un modesto albergo di Chartres. Larry Cooper ha cercato di ricostruire i dettagli di quella giornata, anche se molte delle sue conclusioni sono puramente ipotetiche. Quello che sembra certo è che i tre si accordarono per proseguire insieme lo studio dei labirinti, suddividendo il lavoro e impegnandosi a comunicare tramite corrispondenza gli avanzamenti ottenuti. La cosa curiosa è che la ripartizione del lavoro non venne decisa in base alle rispettive competenze (metafisica, storia antica, matematica), ma scomponendo il mistero in ciò che i tre cultori ritenevano essere gli enigmi elementari dei labirinti, ovvero l’entrata del labirinto (il cui studio fu affidato a Enrico Accorso), il centro del labirinto (affidato a Flor Brunnie) e l’uscita dal labirinto (affidato a Pavol Lowy). A questa ripartizione, molto esplicita, se ne aggiungerebbe per Larry Cooper una seconda, mai dichiarata nei documenti a disposizione, relativa a CHI entra nel labirinto, QUANDO lo fa (cioè in quali circostanze) e PERCHÉ.

Ad oggi Larry Cooper ha recuperato sei lettere di Pavol Lowy, ovvero tre coppie assolutamente identiche recapitate ai due colleghi. Di queste, le prime due sono state spedite da Gerusalemme e la terza da Gerico, dove decise di trasferirsi. Anche le lettere spedite da Flor Brunnie da Lima risultano identiche, sebbene due delle cinque inviate a Enrico Accorso (e di cui esistono le copie ricevute da Pavol Lowy) non sono state recuperate. Enrico Accorso era l’unico a inviare lettere personalizzate: sebbene l’argomento di fondo fosse equivalente, le lettere dirette a Flor Brunnie risultano in genere più lunghe e includono aneddoti di vita reale, per esempio note sulla sua famiglia, tra cui l’intenzione di divorziare dalla moglie greca; le prime lettere furono spedite da Candia, le ultime da Parma. Pavol Lowy non gli domandò mai quale fosse la sua posizione rispetto al fascismo e alla condizione ebraica. Tutte le lettere dei tre studiosi, senza eccezioni, sono chiuse dallo schizzo a penna di un diverso labirinto. Tutti questi labirinti sono opera di fantasia dei singoli autori, non si tratta cioè di tracciati presi e copiati da altri labirinti del passato. Se si trattasse di un semplice gioco fra intellettuali o se i labirinti tracciati servissero per dimostrare alcune delle tesi esposte nelle lettere, o ancora se questi labirinti costituissero una sorta di messaggio in codice, è una questione tuttora dibattuta.

Le lettere sono datate dal 1939 (la prima è di Pavol Lowy che comunica la sua residenza a Gerusalemme) al 1950 (l’ultima è di Enrico Accorso, in cui spiega a Pavol Lowy che sta per cambiare casa e dunque di attendere per l’invio di nuove lettere; non è stata recuperata la corrispondente lettera inviata a Flor Brunnie).

Nella primavera del 1951 Enrico Accorso, che ormai aveva divorziato, si licenziò dal suo lavoro di docente all’Università di Bologna. Molti lo accusavano di aver collaborato con il regime fascista, anche dopo l’armistizio. Vendette tutti i propri beni e comprò un biglietto per un viaggio di sola andata da Genova a Panama. Nessuno sa dire cosa accadde esattamente in seguito: nel momento stesso in cui stava salendo a bordo del transatlantico Augustus, un colpo di pistola lo freddò alla schiena. L’autore dell’omicidio non fu mai identificato. Qualche giornale accennò a un possibile scambio di persona. Altri all’azione di servizi segreti stranieri.

Negli anni Cinquanta, Flor Brunnie cominciò a fare una vita sempre più appartata. L’eredità del padre era considerevole e non aveva bisogno di insegnare per vivere.  Non si sposò mai. La villa di Miraflores in cui viveva era enorme; ben presto non uscì più da quelle mura, pur continuando a ricevere le visite di amici e parenti. Era assolutamente lucida e sana di mente ma una grave angoscia pesava sul suo spirito, anche se nessuno comprese mai di cosa si trattasse. Alla fine si ritirò nella propria stanza e si rifiutò di lasciarla. Trascorreva le giornate guardando dalla finestra che si affacciava sull’Oceano Pacifico. Morì in quella stanza il 2 agosto 1960. L’autopsia non fu eseguita.

Non sappiamo se e come Pavol Lowy venne informato della morte dei due studiosi con cui era in contatto. Non ci furono più scambi di corrispondenza fra lui e Flor Brunnie dopo la morte di Enrico Accorso. Il 21 marzo 1961, all’età di settantadue anni, uscì dal suo minuscolo appartamento di Gerico, allora sotto il controllo giordano, in cui viveva in assoluta povertà insieme a una nipote e alla famiglia di lei (solo successivamente la famiglia ricevette una ricca donazione da una società caritatevole ebraica con sede a Lima). Aveva sottobraccio la sua borsa piena di carte e di appunti. Alla nipote disse soltanto che doveva provare una certa teoria. Nessuno seppe di lui più nulla.

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